Il lavoratore può
rivolgersi al fondo di garanzia anche se il credito è
esiguo, Cassazione numero 7585 del 2011
L’articolo 2 della legge
297 del 1982 prevede l’istituzione di un Fondo di
Garanzia, presso l’INPS, con la funzione di “sostituirsi
al datore di lavoro in caso di insolvenza del
medesimo nel pagamento del trattamento di fine
rapporto, di cui all’articolo 2120 del codice
civile, spettante ai lavoratori o loro aventi diritto.”
Il problema che si è
posto, è quello della possibilità di intervento del
Fondo nel caso in cui il credito del lavoratore fosse
troppo esiguo ai fini dell’ottenimento della
dichiarazione di fallimento del datore di
lavoro.
Tanto è vero che nella
stessa sentenza della Cassazione in commento, abbiamo un
Tribunale e una Corte d’Appello che prendono posizioni
opposte.
Rispettivamente:
a) per il giudice di
primo grado la circostanza che il credito del
lavoratore non fosse sufficiente ad ottenere la
dichirazione di fallimento era ostativa alla possibilità
di intervento del Fondo, e aveva quindi rigettato la
domanda del lavoratore;
b) per il giudice di
secondo grado, viceversa, la circostanza non doveva
ritenersi impeditiva dell’ottenimento,nel momento in cui
vi fosse la prova (e nel caso concreto tale prova è
stata ritenuta sussistente dal giudice di secondo grado)
di concreti atti, quali ad esempio tentativi di
pignoramento, volti a far valere il credito di lavoro.
La Cassazione,
richiamando un proprio recente orientamento (sentenze n.
7466 del 2007, n. 1178 del 2009, n. 15662 del 2010)
fondato sia sulla base della direttiva CE n. 987 del
1980 sia di una lettura della norma volta a garantire
l’effettiva tutela del lavoratore in quante più
situazioni possibili, approva l’interpretazione della
Corte d’Appello con la motivazione che “ai fini della
tutela prevista dalla L. n. 297 del 1982 in favore del
lavoratore, per il pagamento del t.f.r. in caso di
insolvenza del datore di lavoro, quest’ultimo, se è
assoggettabile a fallimento, ma in concreto non può
essere dichiarato fallito per la esiguità del credito
azionato, va considerato in concreto non soggetto a
fallimento, e pertanto opera la disposizione dell’art.
2, comma 5, della predetta Legge, secondo cui il
lavoratore può conseguire le prestazioni del Fondo di
garanzia costituito presso l’INPS alle condizioni
previste dal comma stesso, essendo sufficiente, in
particolare, che il lavoratore abbia esperito
infruttuosamente una procedura di esecuzione, salvo che
risultino in atti altre circostanze le quali dimostrino
che esistono altri beni aggredirli con l’azione
esecutiva.”
Quindi, concludendo: sì,
è possibile (fatti salvi “cambiamenti di rotta” futuri)
rivolgersi al Fondo di Garanzia presso l’INPS anche se
il credito è esiguo, a patto però di aver già
concretamente provato il recupero coattivo nei confronti
del datore di lavoro.
* * *
Cass. civ. Sez. lavoro,
Sent., 01-04-2011, n. 7585
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi
Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico –
Presidente
Dott. STILE Paolo –
Consigliere
Dott. COLETTI DE CESARE
Gabriella – Consigliere
Dott. MORCAVALLO Ulpiano
– rel. Consigliere
Dott. ARIENZO Rosa –
Consigliere
ha pronunciato la
seguente:
sentenza
sul ricorso 21274/2008
proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO
NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, *****, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati,
*****, *****, giusta delega in atti; – ricorrente -
contro
*****, domiciliata in
ROMA, *****, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato
*****, giusta delega in atti; – controricorrente -
avverso la sentenza n.
668/2 0 08 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata
il 29/05/2008 R.G.N. 1373/06;
udita la relazione della
causa svolta nella pubblica udienza del 04/03/2011 dal
Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;
udito il P.M. in persona
del Sostituto Procuratore Generale Dott. CESQUI
Elisabetta, che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza
specificata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano,
riformando la decisione di primo grado del Tribunale
della stessa città, ha accolto la domanda di *****,
intesa ad ottenere dall’INPS, quale gestore del Fondo di
garanzia ai sensi della L. n. 297 del 1982, il pagamento
del credito per t.f.r., maturato nei confronti del
datore di lavoro insolvente. Ha rilevato, in
particolare, la Corte territoriale che – contrariamente
a quanto ritenuto dal primo giudice – l’intervento del
Fondo non era impedito, nel caso di specie, dalla
circostanza che l’istanza di fallimento presentata dalla
lavoratrice fosse stata respinta a causa della esiguità
del credito azionato, dovendosi invece avere riguardo,
ai fini della operatività della tutela prevista dalla L.
n. 297 del 1982, art. 2, alla proposizione di concreti
atti di iniziativa volti a far valere il credito di
lavoro.
2. Avverso tale sentenza
l’Istituto ha proposto ricorso per cassazione deducendo
un unico motivo di impugnazione. La lavoratrice ha
resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di
impugnazione l’Istituto ricorrente, denunciando
violazione della L. n. 297 del 1982, art. 2, sostiene
che in base a tale norma la garanzia non possa operare,
in favore di lavoratori dipendenti da imprese soggette a
fallimento, in assenza della procedura concorsuale, che
nella specie era mancata.
2. Tale motivo non è
fondato.
2.1. La L. n. 297 del
1982, all’art. 2, ha previsto il pagamento del t.f.r. da
parte dell’INPS quando l’impresa sia assoggettata a
fallimento, ovvero quando (comma 5) il datore di lavoro,
non soggetto alla legge fallimentare, venga sottoposto
senza esito ad esecuzione forzata.
2.2. Questa Corte ha
recentemente ritenuto (cfr. sentenze n. 7466 del 2007,
n. 1178 del 2009, n. 15662 del 2010) che una lettura
della legge nazionale orientata nel senso voluto dalla
direttiva CE n. 987 del 1980 consente, secondo una
ragionevole interpretazione, l’ingresso ad un’azione nei
confronti del Fondo di garanzia, quando l’imprenditore
non sia in concreto assoggettato al fallimento e
l’esecuzione forzata si riveli infruttuosa.
L’espressione “non soggetto alle disposizioni del R.D.
n. 267 del 1942″
va quindi interpretata nel senso che l’azione della
citata L. n. 297 del 1982, ex art. 2, comma 5, trova
ingresso quante volte il datore di lavoro non sia
assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni
soggettive vuoi per ragioni ostative di carattere
oggettivo.
2.3. A tale
interpretazione il Collegio intende dare continuità,
anche con riferimento all’ipotesi, qui in rilievo, di
rigetto dell’istanza di fallimento per la esiguità del
credito.
Da un lato, la
interpretazione estensiva trova piena giustificazione
nella facoltà data dalla direttiva comunitaria ai
legislatori nazionali di assicurare la tutela dei
lavoratori anche in casi di insolvenza accertati con
modalità e in sedi diverse da quelle tipiche delle
procedure concorsuali; dall’altro, la medesima
interpretazione esclude quella situazione di
non-copertura assicurativa che altrimenti si
verificherebbe quando, come nella specie, il datore di
lavoro è astrattamente assoggettabile a fallimento, ma
il fallimento non può essere dichiarato, mentre il
lavoratore abbia intrapreso un’esecuzione forzata e
questa non dia esito (cfr. Cass. n. 11379 del 2008).
L’esigenza di tutela effettiva, infine, è coerente con
la finalità del Legislatore del 1982, che, mediante
l’istituzione di un Fondo di garanzia affidato all’ente
previdenziale pubblico, ha inteso compensare la
peculiarità della disciplina del t.f.r. – in cui il
sistema degli accantonamenti fa sì che gli importi
spettanti al lavoratore vengano trattenuti e utilizzati
dal datore di lavoro – con la previsione di una tutela
certa del credito, realizzata attraverso modalità
garantistiche e non soggetta alle limitazioni e
difficoltà procedurali previste, invece, per la tutela
delle ultime retribuzioni (ai sensi del D.Lgs. n. 80 del
1992).
2.4. Il principio da
affermare, quindi, è che, ai fini della tutela prevista
dalla L. n. 297 del 1982 in favore del lavoratore, per
il pagamento del t.f.r. in caso di insolvenza del datore
di lavoro, quest’ultimo, se è assoggettabile a
fallimento, ma in concreto non può essere dichiarato
fallito per la esiguità del credito azionato, va
considerato in concreto non soggetto a fallimento, e
pertanto opera la disposizione dell’art. 2, comma 5,
della predetta Legge, secondo cui il lavoratore può
conseguire le prestazioni del Fondo di garanzia
costituito presso l’INPS alle condizioni previste dal
comma stesso, essendo sufficiente, in particolare, che
il lavoratore abbia esperito infruttuosamente una
procedura di esecuzione, salvo che risultino in atti
altre circostanze le quali dimostrino che esistono altri
beni aggredirli con l’azione esecutiva.
2.5. In base a tale
principio, dove concludersi che la decisione impugnata
ha correttamente riconosciuto il diritto di ottenere la
tutela del Fondo di garanzia, essendosi accertato, in
modo pacifico, che la lavoratrice aveva vanamente
proposto l’azione esecutiva, vedendosi quindi rigettare
l’istanza di dichiarazione di fallimento, e aveva infine
domandato l’intervento del Fondo.
3. Pertanto, il ricorso
deve essere rigettato. L’Istituto ricorrente va
condannato al pagamento delle spese del giudizio,
secondo il criterio della soccombenza, con liquidazione
come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il
ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese, liquidate in Euro 15,00, per esborsi e in Euro
duemila per onorario, oltre a spese generali, IVA e CPA
come per legge.
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