Nonostante la scarna disciplina che il nostro
codice civile riserva al
c.d. contratto
preliminare, rileva
sottolineare, di contro, l’imprescindibilità da
cui è connotato, soprattutto, alla luce della
prassi commerciale e immobiliare. Tale
contratto, caratterizzato per essere un
contratto ad effetti obbligatori, trova la sua
ratio nel consentire alle parti, detti
promissari, di accordarsi su tutti gli elementi
costitutivi del futuro contratto definitivo,
oggetto del preliminare.
Orbene, non meno frequente, nella prassi,
risulta essere il c.d.
contratto preliminare di preliminare,
in virtù del quale le parti si obbligano a
stipulare un successivo contratto preliminare.
Alcuni esempi potrebbero rinvenirsi nei
contratti stipulati con il consumatore, alla
stregua dei quali si ritiene più conforme agli
scopi protettivi del contraente debole ponderare
al meglio le scelte operate da quest’ultimo nei
confronti della controparte avente maggiore
potere contrattuale e, dunque, favorire la
possibilità di fattispecie a formazione
progressiva, come quella del contratto
preliminare di preliminare.
Allo stesso modo si può pensare alle ipotesi,
molto frequenti nella prassi, in cui le agenzie
immobiliari propongono alle parti di
sottoscrivere una promessa di stipulare un
successivo preliminare. In tali ultime ipotesi,
la prima promessa ha natura “aperta”, vale a
dire suscettibile di essere revocata in virtù
del c.d. ius poenitendi.
Il
secondo preliminare, invece, ha natura “chiusa”,
con ciò risultando irrevocabile per le parti e,
dunque, in caso di inadempimento costituito
dalla mancata stipula del contratto definitivo
da uno dei promissari, si darà luogo
all’esperibilità dell’azione costituiva
ex art. 2932
c.c. ovvero a quella di
risoluzione del contratto stesso, salvo in ogni
caso il risarcimento del danno.
Ma
vi è di più. Non è mancato chi, sia in dottrina
che in giurisprudenza, si è interrogato sulla
validità del contratto preliminare e,
soprattutto, sulla esistenza di una effettiva
causa in concreto esistente in capo allo stesso.
Ad
avallare il predetto indirizzo è intervenuta una
sentenza della
Corte di Cassazione del 2 aprile 2009, n. 8038,
l’unica in tema di contratto preliminare di
preliminare e nella quale viene sancita la
nullità dello stesso per difetto di causa.
Afferma, infatti, la Corte Suprema che “il
contratto in virtù del quale le parti si
obbligano a stipulare un successivo contratto ad
effetti obbligatori è nullo per difetto di
causa, non essendo meritevole di tutela
l’interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in
quanto produttivo di una inutile
complicazione…L’art.
2932 c.c., instaura un diretto e
necessario collegamento strumentale tra il
contratto preliminare e quello definitivo,
destinato a realizzare effettivamente il
risultato perseguito dalle parti. Riconoscere
come possibile funzione del primo anche quella
di obbligarsi ad obbligarsi a ottenere
quell’effetto, darebbe luogo ad un’inconcludente
superfetazione, non sorretta da alcun effettivo
interesse meritevole di tutela secondo
l’ordinamento giuridico”.
Attesa, dunque,nella giurisprudenza di
legittimità, la negazione di qualsivoglia
utilità ascrivibile al contratto di preliminare
di preliminare, una parte minoritaria della
dottrina ne sancisce, invece, validità tout
court. Detta ammissibilità è giustificata dal
fatto che nulla presupporrebbe un giudizio
negativo da parte dell’ordinamento giuridico di
meritevolezza su ciò che viene configurato come
mero impegno provvisorio tra le parti, che
riservano ad un futuro contratto la completa e
definitiva regolamentazione dell’affare.
Inoltre, il fatto stesso che un contratto di tal
genere venga concluso, dimostra l’esistenza di
un effettivo interesse, il quale non viola
alcuna norma imperativa, né ricavabile da
disposizione legislativa e né desumibile dal
sistema, con ciò dando conforto sia al principio
di conservazione del contratto che alla
rilevanza sempre più pregnante che assume la
causa in concreto dell’operazione negoziale. |